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@darcyferrisphoto via Twenty20
Immaginate dieci ragazze che organizzano una festa di nozze per una loro amica.
Immaginate la chat da incubo tra loro dieci, finché, quasi all’ultimo momento, arrivano a una decisione che, come spesso succede, è un po’ assurda.
Sono compagne di studi, hanno studiato tutte archeologia o lettere antiche all’Università e vogliono fare una festa di nozze che ricalca il modo in cui si faceva ai tempi dell’antica Roma, con qualche adattamento, ovviamente. Una trovata folle, è vero. Ma tutte le feste di matrimonio sono un po’ folli. E anche loro, diciamo la verità sono un po’ svitate.
Fatto sta che l’idea è simpatica e originale e riescono a convincere la coppia, anche lo sposo che all’inizio ovviamente era un po’ scettico…
Gli sposi hanno deciso di trascorrere in una bella villa in campagna la loro prima notte, perciò questo rende più facile organizzare il tutto e ricreare il clima giusto.
Dopo la cerimonia e la cena, dopo le bevute e i balli, e gli altri annessi e connessi soliti che tutti conosciamo, le ragazze, le dieci amiche, accompagneranno la sposa nella villa degli sposi, dove aspetteranno l’arrivo dello sposo, che le raggiungerà dopo, accompagnato da tutti i suoi amici. Appena arriverà la sfilata dei ragazzi, le ragazze usciranno incontro allo sposo e si uniranno al corteo che lo accompagnerà, attraverso il giardino, fin dentro la casa. Il tutto si farà alla luce delle fiaccole, con tamburi e chitarre, cantando e ballando le canzoni preferite degli sposi. Un momento indimenticabile.
Nell’antichità si faceva infatti così: gli amici degli sposi, ragazzi e ragazze, accompagnavano lo sposo fino alla porta della stanza dove i due avrebbero trascorso la loro prima notte insieme. Lì lo attendeva lei, ovviamente felice, bella e splendente come il sole, come tutte le spose. L’amico più caro dello sposo faceva un breve discorso e consegnava la sposa allo sposo. A quel punto tutti facevano gli auguri alla coppia, uno per uno, consegnando i loro regali. Poi i due entravano nella loro stanza tra scherzi e battute dei presenti. La porta veniva chiusa e gli sposi, finalmente, dopo tutta quella giornata impegnativa, rimanevano soli e si godevano la loro intimità in santa pace.
L’idea delle ragazze è proprio di ricreare quella magia. La sposa ci ha anche fatto la tesi di laurea. Perciò è necessario che tutto sia perfetto. La parte più difficile? le fiaccole. Le fiaccole sono la chiave di tutto. Tutta la magia sta lì. Le fiaccole sono dei piccoli bastoni in cima ai quali sono avvolti degli stracci. Perché brucino il tempo sufficiente per il corteo che accompagna lo sposo, devono essere poco prima impregnate nell’olio, che deve essere abbastanza, altrimenti si spengono. Le fiaccole alzate nel mondo antico sono simbolo di vita e sono di buon augurio per gli sposi, per nessun motivo al mondo si devono spegnere, perché questo sarebbe considerato un terribile segnale di sfiga. Insomma c’è una sola regola: giocando con le fiaccole si può anche dare per sbaglio fuoco ai capelli di qualcuno, ma una fiaccola che si spegne non si può tollerare per nessun motivo.
La genialata del corteo finale stile antico non è però l’unico momento della festa e, nonostante le raccomandazioni, alcune delle ragazze finisco per distrarsi tra mille altre cose e dimenticano ciò che serve per accendere le fiaccole.
Lo sposo fa pure tardi, per qualche motivo, forse perché gli amici, sempre terribili, gli fanno qualche scherzo. Magari lo buttano in piscina o gli fanno un gavettone di superalcolici e lui è costretto a cambiarsi.
Il tempo passa. Ormai è il cuore della notte. Non c’è campo e i cellulari non prendono. Che fine hanno fatto lo sposo e tutti i ragazzi? C’è stanchezza, ovviamente, e le ragazze finiscono per abbioccarsi tutte. Ma finalmente si sente un gran casino…: sto benedetto sposo è arrivato “eccolo, dobbiamo andargli incontro!”.
È il momento di accendere le fiaccole. E qui spunta il problema. Cinque di loro hanno dimenticato di fare la loro parte. Caspita! Avevano fatto pure le prove. Non c’è abbastanza olio per le fiaccole. “Dividiamolo!”, ma le altre sono, giustamente, contrarie: abbiamo messo su tutto questo balletto e adesso andiamo a fiaccole spente? Non se ne parla. Le cinque più organizzate sono inflessibili. Andate da un pakistano, o a un centro commerciale aperto 24 ore su 24. Ce n’era uno sulla strada, vicino al paese. Insomma un negozio aperto si trova sempre. Ma bisogna correre!
Quelle saltano in macchina sperando di fare in tempo. Fanno prima che possono, ma, quando tornano, è già successo tutto, gli sposi sono entrati nella loro stanza. Il momento più bello è passato.
Allora, una di loro, contro il parere di tutti, rompe le regole e fa una cosa da non fare assolutamente: bussa alla porta della stanza degli sposi: “vogliamo salutare, ci siamo anche noi”. Dentro gli sposi sono già nella loro intimità e si sente da dentro lo sposo rispondere, stanco e ovviamente un po’ irritato: “…ma chi ve conosce?”.
Scusate, in questo caso lo sposo era evidentemente romano…
La differenza tra la storia che vi ho raccontato e il modo in cui si svolgeva davvero il matrimonio nel mondo antico, soprattutto in Palestina, 2000 anni fa, era che la festa vera per tutti gli altri cominciava non prima ma dopo il ritiro degli sposi nella loro casa e durava anche parecchi giorni.
Insomma, spero che ora la parabola del Vangelo sia meno difficile da interpretare. Perché le ragazze che non hanno condiviso il loro olio con le altre possono entrare alla festa e le altre no? Come mai alla fine non sono perdonate?
La risposta deve tener conto del fatto che le ragazze meglio organizzate non potevano condividere l’olio perché avrebbero rovinato tutto e, una volta chiusa la porta della stanza nuziale, il momento più bello era finito. Le feste sono belle, ma hanno anch’esse delle regole.
Tutto doveva essere fatto in un certo modo perché fare diversamente era ritenuto un’offesa grave agli sposi e alle loro famiglie.
Un po’ come sarebbe oggi presentarsi a una festa formale in bermuda e infradito. Qualcosa ritenuto abbastanza offensivo da poter essere messi alla porta.
Insomma per far funzionare qualcosa, per creare un momento magico, per regalare una gioia, bisogna saper essere previdenti prima e a volte anche determinati, inflessibili al momento.
La parabola vuole ricordare che entrare nel Regno di Dio richiede anche questo: determinazione, prontezza, fermezza, la capacità di saper cogliere l’essenziale e il sapersi regolare di conseguenza, non trascurare nulla di ciò che conta. Insomma, ci vuole anche un briciolo di sana cattiveria.
Mi viene in mente il titolo di un famoso libro di Ute Ehrahardt: “Le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive dappertutto”. L’autrice intendeva capovolgere un paradigma. Le ragazze cattive che vanno dappertutto sono quelle determinate, che ci sanno fare, che non si lasciano trattenere da un conformismo che le vorrebbe sempre arrendevoli, cortesi e generose. Che, insomma, hanno capito come si fa a farsi valere e si organizzano per farlo davvero.
Le parabole sono pensate proprio per capovolgere i paradigmi. In questo caso, non le ragazze semplicemente buone, ma le ragazze previdenti e decise a far funzionare una festa, sono portate a modello. Senza fiaccole accese non si può partecipare. Hai trascurato ciò che serve a tenerle accese? A creare la bellezza di quell’istante? questo ti esclude automaticamente. Con chi te la devi prendere? Hai trascurato il dettaglio più importante nel momento più importante. Hai toppato. Non hai tenuto conto delle priorità.
Non basta essere amici con tutti e voler bene a tutti. Devi dimostrare la tua amicizia e la tua benevolenza nel momento preciso in cui è richiesto. Perciò, non essere negligente e sii saggio, cioè organizzati. Arriverà prima o poi un momento in cui nessuno può aiutarti, perché nessuno può prendersi le responsabilità al posto tuo!
Bella a tutti!
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