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Che cosa sarà il giudizio universale?

Come sarà il Giudizio Universale? Appartenere a una fede o a un’altra farà la differenza? Secondo il Vangelo di Matteo, saremo giudicati secondo un criterio molto semplice, in maniera davvero “universale”.

Conoscete il Giudizio Universale di Michelangelo? Se non venite da un altro pianeta, probabilmente sì.

Il Cristo, al centro dell’affresco, è al centro anche di tutto il movimento che fa salire i beati al cielo e allontana i dannati da lui. È l’occhio di un ciclone la cui potenza è la manifestazione della giustizia divina che rimette a posto tutte le storture del mondo e dà finalmente a ciascuno il suo.

La cosa però che pochi sanno è che questa immagine non è ispirata tanto dall’Apocalisse, quanto da una pagina del Vangelo di Matteo: precisamente dal capitolo 25, lo stesso capitolo che racconta le parabole delle dieci vergini e dei talenti, che abbiamo commentato in altri due video.

La scena del Giudizio Universale è una scena unica, che non viene raccontata in nessun altro Vangelo.

Nel Vangelo di Matteo le parole che descrivono il giudizio finale sono le ultime parole di Gesù prima della sua passione. Le parole con cui Gesù chiude la sua predicazione.  È come se tutto il suo messaggio convergesse in quel racconto, in quella scena, in quel momento.

Del resto, tutta la storia del mondo, stando al Vangelo, converge su quel momento.

Accade così un po’ quello che accade quando si sta fuori in attesa di dare un esame.

Tutti vogliono sapere una cosa sola: che cosa chiede il professore? Ecco, qui Cristo rivela l’unica cosa su cui ci viene chiesto davvero di essere preparati nella prova finale, quella in cui si può essere definitivamente promossi o bocciati.

Il giudizio si svolge su una scenografia grandiosa che raduna al cospetto di un uomo solo tutta l’umanità. Tutta la differenza la fa un gesto, offerto o rifiutato: “avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere,

nudo e mi avete vestito, affamato…”; e al contrario, per coloro destinati alla condanna: “avevo fame e NON mi avete dato…”, avevo bisogno e mi avete detto NO o mi avete ignorato. Fare o NON fare. Un criterio che tutti possono comprendere. Non servono catechismi, né dottrine, né lauree in teologia.

Il giudizio è estremamente semplice, basato su gesti fondamentali che gli essere umani sono in grado di compiere gli uni verso gli altri.

La cosa sorprendente? Non si parla di fede religiosa, né di abitudini religiose, né di scelte di campo, né di appartenenze. Si parla solo di fatti, di azioni.  E di azioni non particolarmente complicate o difficili. Non si parla di imprese e di eroismo. Non si parla di numeri. Si parla di gesti umani, diretti ed efficaci: dare da mangiare, da bere, visitare, vestire. Si parla di un accudire, di un prendersi cura, di uno stare accanto a chi incrocia la nostra strada in uno stato di bisogno. Non importa quante volte sia accaduto, non importa quante persone siano state coinvolte.

Non ci sono parole di condanna per gli atei, per gli eretici, per i pagani, per i non credenti o per quelli che credono diversamente. In questo giudizio, unico e speciale, sono condannati solo coloro che sono stati responsabili di un solo delitto irrimediabile: l’omissione. “Potevi fare, ma non hai fatto”. Dove sono le religioni, le chiese, le ideologie? Non ci sono. Nel giudizio, almeno di sicuro nel giudizio che conta, non ci sono.

Secondo il Vangelo di Matteo non saremo giudicati per le nostre convinzioni, per il colore delle nostre bandiere, né per le messe cui abbiamo partecipato, per i pellegrinaggi, per le ore trascorse in preghiera, nemmeno per il nome con cui invochiamo Dio.

Nemmeno farà la differenza se avremo invocato un Dio. Saremo giudicati come esseri umani, sulla nostra umanità. Non sarà un giudizio religioso, sarà un giudizio laico.

Laico nel senso più vero del termine. Perché saremo tutti trattati allo stesso modo.

Si tratta perciò di un giudizio che non fa distinzioni, che non fa differenze, che non guarda in faccia a nessuno. Un giudizio davvero, assolutamente, universale.

Ma la cosa più stupefacente, la cosa più spiazzante è l’effetto sorpresa, sia in chi ha usato misericordia sia in chi l’ha negata. La sorpresa di scoprire che un gesto semplice fatto od omesso e poi dimenticato poteva avere conseguenze così profonde e decisive. “Quando ti abbiamo incontrato e ti abbiamo aiutato o ti abbiamo abbandonato?”.

Dio, il Cristo, il giudice, si nasconde in ogni uomo e si nasconderà in ogni uomo, fino alla fine dei tempi. Vuole essere dimenticato, vuole essere ignorato, perché non vuole essere amato come Dio, ma come uomo.

Non vuole essere adorato, non vuole riti e sacrifici. Vuole essere salvato, accudito, protetto. La misura della verità non è dunque nei pensieri, nelle parole, nelle frasi, ma in ogni gesto di solidarietà e di attenzione.

La risposta a tutte le nostre domande, la soluzione a tutte le nostre inquietudini dunque non è domani, non è nel cielo, in paradiso, nell’aldilà, nell’eternità, come se all’eternità o al paradiso si potesse accedere pagando il biglietto di essere o sentirci brave persone.

Nel giudizio finale, tutti gli schemi saltano.

L’unica verità che ci serve, l’unica vera risposta di cui abbiamo bisogno sta nell’incontro con gli altri esseri umani, nella vita stessa, nell’oggi, dove, stendendo la mano o trattenendola, incontriamo subito la nostra salvezza o la nostra dannazione.

Alcuni filosofi atei hanno detto che l’unico Dio che bisognerebbe adorare è l’uomo.

Il loro errore è l’errore più vicino alla verità. Ma non tanto perché sostituiscono l’uomo a Dio, ma perché pensano a un uomo generico, a un’idea di uomo, che, alla resa dei conti, è solo un altro idolo.

Il Vangelo di Matteo dice al contrario che davvero devi onorare l’uomo come un Dio,

ma non un’idea astratta di uomo, ma quest’uomo concreto, in carne e ossa, quello che ti viene incontro imperfetto, debole, dolorante, bisognoso e fragile.

Questo è il vero Dio che devi onorare senza chiese, ma solo “in spirito e verità”.

Non fa alcuna differenza quello che pensiamo o diciamo di credere. Perché ogni nostra azione verso il prossimo ci pone davanti al nostro giudice in quello stesso istante. Lui, solo lui, l’amore stesso, ci giudicherà.

Per approfondire:

Autore: Gianmario Pagano

Scrittore, autore, sceneggiatore, insegnante, prete romano.

Un commento su “Che cosa sarà il giudizio universale?”

  1. Non lo noti che è in atto? Anzi lo è fin dall’inizio del mondo. E’ il senso di questo mondo.
    Bisogna solo stare attenti che non è il potente di turno, nel bene o nel male, ad essere giudicato, ma chi si comporta di conseguenza.
    Anche le parole sono giudicate perché possono diventare fatti. Cambia solo il tipo di percosse.
    Vorrei dire altro ma noto che a pochi interessano i miei in TER venti.
    E pur vero che su potrebbe anche peggiorare la situazione nell’inTErVENIRE. Sia per TE che per ME.
    Anche Dio si mette in GIOGO. Non teme di riTORNARE per poi FARE la STESSA FINE per portarci a BUON FINE.

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