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Due santi diversi che hanno plasmato la Chiesa

Il 30 aprile il martirologio affianca due figure diverse, appartenenti a tempi e mondi lontani: Giuseppe Benedetto Cottolengo, uno dei più famosi santi sociali di Torino, e il domenicano Antonio Ghislieri, noto come fra Michele e infine passato alla storia come papa Pio V, il protagonista principale della Riforma Cattolica. Eppure qualcosa di profondo accomuna due personaggi così a prima vista distanti: il loro profondo e duraturo influsso sulla Chiesa come noi oggi la conosciamo.

Giuseppe Benedetto Cottolengo, primo di dodici figli, crebbe in una famiglia benestante di commercianti. Dopo aver iniziato gli studi di teologia nel 1802, fu ordinato sacerdote nel 1811. Dotato di mente brillante, prestò servizio in varie posizioni ecclesiastiche. Tuttavia, la lettura della biografia di San Vincenzo de’ Paoli lo condusse col tempo a una crisi di coscienza. Non gli bastava essere “un bravo prete”.

La svolta decisiva, che lo portò a rispondere a una vera e propria “seconda vocazione”, avvenne il 2 settembre 1827, quando fu chiamato al capezzale di una donna francese incinta e malata di tubercolosi, Giovanna Maria Gonnet, che non era stata ammessa in nessun ospedale torinese. Le autorità sanitarie erano terrorizzate dalla possibilità che la donna diffondesse il contagio, perché le morti a catena non erano affatto rare negli ospedali, specialmente tra le puerpere. Di fronte alla sofferenza della donna, che morì abbandonata in una stalla, Cottolengo decise di non restare a guardare e di creare lui stesso un rifugio per accogliere coloro che non trovavano assistenza altrove. Sensibili al problema molto più degli uomini, un gruppo di donne si offrirono come volontarie. Così, il 17 gennaio 1828, fondò il Deposito de’ poveri infermi del Corpus Domini, proprio nel cuore di Torino. L’iniziativa, come è facile immaginare, ebbe vita tormentata. Dopo tre anni, a causa del timore di epidemie, il governo ordinò la chiusura forzata del ricovero. Cottolengo non si perse d’animo e si trasferì quindi più fuori città, in Borgo Dora dove, il 27 aprile 1832, fondò la Piccola Casa della Divina Provvidenza, nota anche come “Il Cottolengo”. Gettatosi a capofitto in un’attività instancabile, presto radunò intorno a sé molti altri collaboratori e collaboratrici che lo affiancarono nel suo progetto e ne raccolsero l’eredità dopo la sua morte, avvenuta il 30 aprile 1842.

Oggi l’opera del Cottolengo è famosa in tutto il mondo per varie forme di assistenza e specialmente quella residenziale ai diversamente abili, soprattutto se in condizioni difficili, e per il grande impegno a restituire loro una vita piena, dignitosa e ricca di umanità. Il suo impegno ha contribuito a forgiare l’idea, raccolta dal volontariato contemporaneo, che non si può sempre aspettare la politica per risolvere i problemi gravi e urgenti delle persone e che, specialmente nello Stato moderno, la vera differenza non la fanno solo le leggi promulgate, seppure importanti, quanto l’umanità, la generosità, le energie e il tempo dedicato dalle persone al servizio di altre persone. Semplicemente, ciascuno di noi può fare la differenza per un mondo più umano e più giusto e chiunque abbia una coscienza cristiana non può occuparsi solo di questioni religiose e di culto.

La figura di papa Pio V, un inquisitore diventato papa, apparentemente, conduce in un’altra direzione: quella della forma del rito e della lotta all’eresia. Ma sarebbe uno sguardo superficiale. Faremmo un grave torto a papa Ghislieri se lo raccontassimo come l’eroe dei più tradizionalisti e conservatori. Pio V fu decisivo per la trasformazione della Chiesa Cattolica e per l’abbandono di tante concezioni e pratiche radicate che avevano contribuito al disastro del secondo scisma più grave della storia della Chiesa. Fu un papa coraggioso che attuò senza esitazioni dei cambiamenti epocali, che si erano resi da tempo necessari e la standardizzazione del Rito della Messa secondo la tradizione romana fu solo uno di questi.

Oltre la Messa, Papa Pio V cercò di semplificare e riorganizzare il calendario liturgico, ridusse il numero delle festività e delle celebrazioni locali e promosse l’uniformità nella celebrazione dei santi e delle festività, dando a esso la struttura che possiede ancora oggi. Su questa stessa linea promulgò la riforma del Breviario, il libro di preghiera inizialmente pensato per sacerdoti e religiosi e oggi passato nella pratica quotidiana anche dei laici. Fu anche uno dei primi a farsi carico dell’importanza di una fede trasmessa, insegnata e comunicata con trasparenza, e a questo fine commissionò la stesura del Catechismo Romano, che riassumeva la dottrina cattolica in modo chiaro e accessibile. In un periodo di accesa divisione, di guerre e rivalità politica, cercò di pacificare e riunire il mondo cristiano per contrastare l’espansione dell’Impero Ottomano e proteggere l’Europa. Fu uno dei principali promotori della Lega Santa, che ebbe un ruolo cruciale nella vittoria a Lepanto nel 1571.

Pio V sapeva anche bene che uno dei motivi che avevano condotto al successo della Riforma protestante erano stati dei cambiamenti sempre rimandati, accompagnati dalla decadenza morale degli uomini di Chiesa e a questo fine intensificò gli sforzi per promuovere la santità del clero e dei laici, esigendo da tutti un comportamento etico e una disciplina rigorosa. A questo fine, fu l’inventore del Seminario, inteso come collegio specializzato per la formazione del clero. Sulla stessa linea, Pio V incoraggiò la riforma delle varie congregazioni religiose e monastiche, incoraggiando quelle nuove e promuovendo l’osservanza delle regole originali e una vita più austera, genuina, davvero dedicata a Dio.

Pio V fu un amante della vera sostanza della Tradizione, più che delle cose “sempre dette e sempre fatte”, e fu così protagonista e promotore di un cambiamento epocale in un periodo in cui i problemi erano molti e gravissimi. E questo dovrebbe farci riflettere seriamente su come dovremmo leggere le ricorrenti divisioni interne alla Chiesa tra “progressisti” e “conservatori” in un’istituzione per sua natura “semper reformanda”.

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Autore: Gianmario Pagano

Scrittore, autore, sceneggiatore, insegnante, prete romano.

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