Oggi vorrei farvi fare conoscenza con un personaggio speciale.
Probabilmente la prima cosa che vi colpirà è il suo abito. Sì, si tratta di un prete.
Ma questo prete, quest’uomo, con l’abito religioso, Georges Lemaître, è una delle menti più brillanti e uno dei più grandi scienziati del XX secolo.
Nel 1927 pubblicò un articolo nella rivista della Società Scientifica di Bruxelles, un articolo in cui per primo presentò quella che lui chiamava la teoria dell’atomo primigenio. Cioè l’idea che tutto ciò che esiste, tutto la materia e l’energia, tutto l’universo fosse stato originariamente talmente denso da essere compresso nello spazio paragonabile a quello di un singolo atomo.
Quella, insomma, che poi fu chiamata, all’inizio solo per scherzo, la teoria del “grande botto” o “teoria del Big Bang”.
C’è da dire però che le scoperte scientifiche raramente sono il parto di una mente sola, e padre Lemaitre, anche se fu il primo a suggerire questa idea, tuttavia non fu l’unico, perché partecipò in modo molto attivo nella storia di una scoperta che coinvolge i nomi di diversi scienziati e che, tra l’altro, trovate raccontata molto bene in “Cosmicomic” che trovate in libreria e che vi consiglio di non perdere. È Parte di un’ottima collana a fumetti sugli scienziati più influenti dell’ultimo secolo, un piccolo capolavoro di divulgazione scientifica.
L’idea di un Universo in espansione, a partire da uno spazio piccolissimo dove tutta la materia è compressa ad altissime temperature, Georges Lemaître non la prese in prestito dalla Bibbia ma fu un’intuizione che gli venne in mente studiando prima con attenzione le equazioni di Einstein sulla relatività generale e poi alcune osservazioni fatte dagli astronomi che iniziavano ad usare i grandi telescopi a specchio e i radiotelescopi.
Lemaitre non fu, ovviamente, subito compreso. Ai suoi tempi la maggior parte degli scienziati credevano in un universo eterno e stabile e molti pensarono che, dato che era un prete, volesse provare la verità del racconto della Bibbia. Persino Einstein lo liquidò con molta sufficienza, la prima volta che si incontrarono. Einstein naturalmente, che il cervello ce l’aveva e come, dopo qualche tempo, perché si rese conto che Lemaitre aveva ragione, perché i dati e le misurazioni astronomiche provavano che le galassie si allontanano le une dalle altre come i punti sulla superficie di un palloncino che si gonfia.
La prova definitiva della realtà del Big Bang arrivò però solo con la prova dell’esistenza della radiazione cosmica di fondo, una specie di impronta fossile di calore che si trova in ogni direzione nello spazio, che si aggira intorno ai 3 gradi kelvin…
Furono due ricercatori, Arno Penzias e Robert Woodrow Wilson, ad accorgersene e nel 1978 ricevettero il premio Nobel per la fisica. Dando finalmente ragione a Lemaitre, che accolse con gioia la notizia sul letto di morte.
Insomma, padre Lemaitre, credente e scienziato, è una delle menti che ha contribuito a cambiare il nostro modo di vedere il mondo, almeno quanto Galileo e Keplero. Tuttavia voglio richiamare la vostra attenzione, anche su un altro fatto che lo riguarda, che è altrettanto importante.
Padre Lemaitre era convinto che non si potesse usare la scienza per provare la fede. Era un anticoncordista, cioè era profondamente convinto che la scienza e la religione sono due cose distinte che seguono percorsi distinti. E si oppose sempre vivacemente a ogni tentativo di far coincidere la sua idea con quella della Creazione.
Disse e ripetè sempre con chiarezza che il Big Bang non corrispondeva alla prova della creazione.
La creazione è un’altra cosa. Il Big Bang non c’entra nulla con la creazione.
Perciò lasciate stare la scienza se volete parlare di religione. E viceversa.
Infatti è un discorso che vale anche in senso opposto. Il pericolo opposto è quello di fare della scienza una religione. Quella che noi chiamiamo “scienza” è un metodo per consolidare e accrescere la nostra conoscenza, ma non può essere un sostituto della religione. La scienza non può prendere il posto della religione e la religione non può prendere il posto della scienza.
Se fai della scienza la tua religione stai prendendo una decisione non scientifica.
Se uno scienziato si dichiara credente o non credente, non lo fa tanto sulla base delle sue scoperte o conoscenze scientifiche, ma lo fa in base a una propria riflessione filosofica o religiosa, che può anche tenere conto delle sue nozioni scientifiche, ma che, di fatto, è un’altra cosa. Se comincia a parlare di Dio, della sua esistenza o non esistenza, in realtà lo scienziato sta cominciando a fare il teologo. Ha tutto il diritto di farlo, come persona pensante, ma non sta più applicando il metodo della conoscenza scientifica, sta facendo altro. Sta facendo filosofia, metafisica.
Tanto per fare un esempio: la scienza non può provare l’esistenza o la non esistenza di Dio perché Dio, semplicemente, non ricade sotto il metodo scientifico. Usarla come un’arma contro la religione o, al contrario, strumentalizzarla a suo favore, è solo tempo perso. Se qualcuno vi dice: la scienza può soddisfare e risolvere tutti i problemi dell’uomo, ricordate che non può provare quest’affermazione con il metodo scientifico. Si tratta di una filosofia, appunto: lo scientismo. Non di una teoria scientifica.
Le persone sono un tutt’uno, la stessa persona che fa lo scienziato può porsi il problema di Dio o il problema del male, e, viceversa, una persona profondamente religiosa può amare la scienza perché anche religione non offre certo tutte le risposte alla curiosità dell’uomo e al suo bisogno di migliorare la propria vita. Uno può essere ispirato dalla religione a fare ricerca scientifica e un altro può, sulla base della sua ricerca scientifica, essere portato a fare considerazioni filosofiche e religiose.
Ma quello che deve essere chiaro è la linea di demarcazione del metodo. Se stai giocando a scacchi non puoi pretendere di giocare nello stesso tempo alla dama.
Ai miei alunni ripeto sempre: la scienza e la religione sono ambedue importanti, ma danno due risposte diverse a due domande diverse. Studiare l’una e l’altra ci aiutano a comprendere meglio l’una anche alla luce dell’altra. Sono due cammini diversi, ma non siamo costretti a scegliere tra l’uno e l’altro. Possiamo praticarli tutti e due con grande frutto e grande soddisfazione intellettuale.
In conclusione, vorrei lasciare la parola proprio a lui, a uno dei padri della teoria del Big Bang:
“Esistono due vie per arrivare alla verità. Ho deciso di seguirle entrambe. Niente nel mio lavoro, niente di ciò che ho imparato negli studi di ogni scienza o religione ha cambiato la mia opinione. Non ho conflitti da riconciliare. La scienza non ha cambiato la mia fede nella religione e la religione non ha mai contrastato le conclusioni ottenute dai metodi scientifici”.
Bella a tutti!
Per approfondire: